Si definisce resilienza la capacità di un materiale di assorbire un urto senza rompersi. Nello studio del cervello la resilienza è definita come la capacità di adattarsi con successo a stress acuti, traumi o avversità croniche che possono determinare modifiche funzionali e strutturali che agiscono come base per lo sviluppo di disordini psichiatrici.
Alcuni studi dimostrano che eventi stressanti subiti nella prima infanzia possono modificare l’equilibrio degli ormoni che regolano la risposta allo stress nel lungo periodo. Esistono specifiche aree cerebrali coinvolte nella generazione e nella regolazione delle risposte emotive, cognitive e comportamentali e la disregolazione in questi circuiti è correlata a stress emotivo, ansia e disturbi dell’umore.
Fortunatamente, la maggior parte delle persone non sviluppa queste patologie, dimostrandosi quindi resiliente.
La resilienza cerebrale non si radica solo nei nostri primi anni di vita poiché essa è legata anche alla nostra genetica e alle esperienze successive.
I ricercatori Kathryn M. Connor e Jonathan R.T. Davidson hanno ideato e validato a livello internazionale un test chiamato Scala di Resilienza (Connor-Davidson Resilience Scale) con il quale è possibile misurare la resilienza cerebrale della popolazione.
Le loro ricerche hanno dimostrato che esistono diversi fattori positivi chiave che si esprimono a partire dall’infanzia fino all’età adulta e che contribuiscono alla resilienza cerebrale. Tra questi, l’attività fisica praticata con costanza ha un ruolo importante poiché agisce attivamente nella chimica cerebrale promuovendo la salute del cervello e la resilienza cerebrale in ogni fase della vita (vedi immagine sotto).
Questa immagine illustra come l’esercizio fisico promuova la resilienza cerebrale attraverso diversi meccanismi, proteggendo il cervello dalle conseguenze di eventi stressanti, migliorando la salute e riducendo il rischio di sviluppare malattie croniche debilitanti.
In particolare, l’esercizio fisico ha la capacità di influenzare positivamente la riserva neuronale aumentando l’espressione del fattore neurotrofico cerebrale (BDNF) che promuove la neurogenesi (formazione di nuovi neuroni) e la plasticità sinaptica (la tendenza naturale del cervello a rispondere dinamicamente agli stimoli), riduce lo stress ossidativo e l’infiammazione, migliora il flusso sanguigno cerebrale e periferico che stimola cambiamenti positivi nella struttura e nella morfologia del sistema vascolare cerebrale. Tutti questi cambiamenti modellano l’attività cerebrale e fungono da protezione contro i disturbi legati allo stress.
Parlando di quale sia l’esercizio fisico più adatto a questo scopo in termini di qualità, durata, frequenza e intensità, diversi regimi di esercizio sono stati testati al fine di promuovere in forma ottimale la resilienza cerebrale.
Le indicazioni derivate da questi studi sono ormai definite per la popolazione anziana, alla quale è consigliato di eseguire esercizi sia aerobici che anaerobici, di moderata intensità, per almeno tre volte alla settimana; ai soggetti che invece soffrono di disturbi cognitivi è indicata l’esecuzione di esercizi di durata più breve e con frequenza più elevata al fine di ottenere migliori risultati cognitivi.
Possiamo quindi concludere che il detto “tutto muscoli niente cervello” non abbia alcuna base scientifica e che non possono esistere motivi validi per non dedicare almeno tre volte alla settimana un’ora e mezza o due della nostra giornata all’allenamento fisico di moderata intensità a tutte le età.
Un abbraccio e alla prossima!